Un angolo di pace. Un ebreo in fuga nella Svizzera del '43
È l’undici settembre del 1943 quando un commerciante milanese trentaquattrenne, Riccardo Gandus, decide di provare a scampare alla bufera delle persecuzioni antiebraiche nazifasciste riparando in Svizzera. Con una agendina di pelle blu e i vestiti leggeri (tornerà più tardi, avventurosamente, a recuperarne di più adatti all’inverno), la nostalgia della sua città e della sua ragazza e un po’ di soldi e qualche gioiello in tasca, varca il confine per essere accolto, come altri ventottomila suoi correligionari, in campi di lavoro certo non paragonabili ai lager tedeschi, ma non privi di durezze e difficoltà.
Inizia così la sua avventura fatta di perquisizioni e duro lavoro, privazioni e tristezze, ma anche di momenti sereni con amici e parenti rifugiati anch’essi, o di tratti quasi picareschi, tra sparizioni di abiti e trucchi per passare la frontiera.
Sua figlia Valeria ci racconta in questo libro intenso e sobrio la gratitudine sincera di Riccardo Gandus per la Svizzera, che ha regalato una possibilità concreta di sopravvivenza ai perseguitati; e insieme la loro inesauribile vitalità, e l’amore e la speranza che l’hanno alimentata.
È l’undici settembre del 1943 quando un commerciante milanese trentaquattrenne, Riccardo Gandus, decide di provare a scampare alla bufera delle persecuzioni antiebraiche nazifasciste riparando in Svizzera. Con una agendina di pelle blu e i vestiti leggeri (tornerà più tardi, avventurosamente, a recuperarne di più adatti all’inverno), la nostalgia della sua città e della sua ragazza e un po’ di soldi e qualche gioiello in tasca, varca il confine per essere accolto, come altri ventottomila suoi correligionari, in campi di lavoro certo non paragonabili ai lager tedeschi, ma non privi di durezze e difficoltà.
Inizia così la sua avventura fatta di perquisizioni e duro lavoro, privazioni e tristezze, ma anche di momenti sereni con amici e parenti rifugiati anch’essi, o di tratti quasi picareschi, tra sparizioni di abiti e trucchi per passare la frontiera.
Sua figlia Valeria ci racconta in questo libro intenso e sobrio la gratitudine sincera di Riccardo Gandus per la Svizzera, che ha regalato una possibilità concreta di sopravvivenza ai perseguitati; e insieme la loro inesauribile vitalità, e l’amore e la speranza che l’hanno alimentata.
È l’undici settembre del 1943 quando un commerciante milanese trentaquattrenne, Riccardo Gandus, decide di provare a scampare alla bufera delle persecuzioni antiebraiche nazifasciste riparando in Svizzera. Con una agendina di pelle blu e i vestiti leggeri (tornerà più tardi, avventurosamente, a recuperarne di più adatti all’inverno), la nostalgia della sua città e della sua ragazza e un po’ di soldi e qualche gioiello in tasca, varca il confine per essere accolto, come altri ventottomila suoi correligionari, in campi di lavoro certo non paragonabili ai lager tedeschi, ma non privi di durezze e difficoltà.
Inizia così la sua avventura fatta di perquisizioni e duro lavoro, privazioni e tristezze, ma anche di momenti sereni con amici e parenti rifugiati anch’essi, o di tratti quasi picareschi, tra sparizioni di abiti e trucchi per passare la frontiera.
Sua figlia Valeria ci racconta in questo libro intenso e sobrio la gratitudine sincera di Riccardo Gandus per la Svizzera, che ha regalato una possibilità concreta di sopravvivenza ai perseguitati; e insieme la loro inesauribile vitalità, e l’amore e la speranza che l’hanno alimentata.